"Rutuli - barberia e canti del Salento"

"Rutulì - barberia e canti del Salento" è il nuovo cd di Dario Muci, edito dalla Lupo editore.
Ecco come lo stesso musicista neretino presenta il disco:
Rutulì
Gli Ucci, le loro voci terragne amanti del bel canto, lo stile musicale tipico della barberìa salentina e il repertorio raffinato della musica d’epoca sono gli elementi principali che ci hanno ispirato alla realizzazione di questo lavoro. Come in un fado portoghese o in un classico napoletano, nel disco prevalgono le corde e il canto. Le corde sono quelle “prestate” dalla barberìa, chitarra e mandolino; i canti sono locali e dialettali e in parte anche nazionali (canti di narrativa), giunti a noi tramite i continui spostamenti4 dell’uomo. Di particolare interesse sono i canti in italiano eseguiti da Antonio Bandello, Antonio Aloisi e Leonardo Vergaro i cui testi e arie abbiamo confrontato con versioni trovate in altri posti. Com’è naturale, attraverso la trasmissione orale, sono avvenuti, nel tempo, cambiamenti nel testo e nella melodia da paese a paese. Questi cambiamenti possono essere derivati da una dimenticanza del canto riproposto a distanza di tempo, da una conversione del testo in un dialetto diverso rispetto alla zona del ritrovamento, o dalle capacità vocali degli esecutori che ne trasformano l’esecuzione dando vita a sfumature sulla melodia inizialmente acquisita (es. Giulia, Costantino).

I canti di questo disco, completamente rivisitati, mantengono le linee originali eseguite dai cantori di Cutrofiano, con delle variazioni introdotte in fase di arrangiamento. Ai classici salentini più famosi come Rutulì e Ninella mia de Calimera seguono brani come Costantino, un canto che risale alle guerre del risorgimento, gli alpini lo conoscono come “Portantina che porti quel morto” o “La licenza del soldato”. Giulia, un canto presente in alcune regioni del nord, una particolare versione è quella della Maremma Grossetana; il brano si presenta incompleto, a differenza di altri ritrovamenti, a tratti con una totale mancanza di senso.
La barca di Roma, anche questo di provenienza settentrionale, richiama le migrazioni di fine ‘800 inizi ‘900 per l’America; alcune sue strofe, con piccole variazioni di testo, le ritroviamo in un canto toscano dal titolo “Son sonate”.La vena dell’amor (detta anche “Cava più giù signore dottore”), sulla scia dell’ “Uccellin de la comare”, si presenta sempre malizioso e anche se la struttura melodica e il soggetto sono diversi, rimangono le allusioni nei versi, tipica ricostruzione di molti testi con dichiarazione di desiderio amoroso. La figlia dell’oste, una romanza risalente molto probabilmente al primo concilio vaticano; alcuni clerici vaganti, diretti a Roma, inventavano melodie e racconti per intrattenere la gente in modo da poter ripagare l’ospitalità. Nunna nunna, un canto che molti contadini del Salento avevano ascoltato durante la loro permanenza lavorativa in Basilicata e in Campania.

Naturalmente non mancano i ballabili: una Polka e una Mazurca, brani che appartengono al repertorio suonato nelle sale da barba (saloni). Fino alla metà degli anni ’50 molti barbieri erano suonatori di strumenti a corda, un retaggio derivato probabilmente dalla presenza spagnola nei secoli passati. Negli ultimi intervalli vuoti, durante la settimana, svolgevano attività musicale e chiunque poteva apprendere lo studio di uno strumento: chitarra, mandolino, violino, erano i più usati. I maestri di livello musicale più alto formavano gruppi strumentali in grado di eseguire brani classici proposti in “serate musicali” di vario tipo. Ai barbieri erano affidate, inoltre, le “Serenate” (omaggi musicali notturni fatti dedicare da uomini alla donna amata).

Gli arrangiamenti sono stati interamente scritti e suonati dal maestro Antonio Calsolaro che ha riletto magistralmente in chiave classica un repertorio misconosciuto e quasi messo da parte dalla nuova riproposta salentina. “Figlio di un barbiere musicista di Alessano e di madre tabacchina, Antonio ha appreso dal padre la conoscenza della musica, in particolare ha ereditato un repertorio vastissimo di ballabili (polke, mazurche, valzer) che il padre aveva collezionato in un manoscritto interamente steso col pennino”.
Suo allievo e collaboratore negli arrangiamenti di Rutulì è il chitarrista Massimiliano de Marco, anche controvoce in Nunna nunna. Oltre a loro, hanno suonato alcuni dei musicisti più raffinati del Salento che hanno accompagnato le voci maschili che più rappresentano l’identità canora di questa terra:
Vito de Lorenzi (tamburo, tammorra), Roberta Mazzotta (violino), Marco Bardoscia (contrabbasso), Rocco Nigro (fisarmonica), Andrea Doremi (tuba), Antonio Castrignanò (voce), Giancarlo Paglialunga (voce), Claudio “Cavallo” Giagnotti (voce), Cosimo Giagnotti (voce).

I canti popolari consentono di comunicare le frustrazioni e i dolori di un popolo. Un canto si può imparare e una tecnica di canto si può studiare; la difficoltà nella riproposta è esprimere un disagio o un dramma che non abbiamo dentro.
Buon ascolto,

Dario Muci